Mi chiamano Garrincha

Fabio Mangolini

febbraio 2004

Liberamente tratto da “Lettera a mio figlio sul calcio” di Darwin Pastorin.
Prefazione di darwin Pastorin e Bruno Pizzul.

9

L X H: 12 x 16,5; CONFEZIONE rilegato in brossura; COPERTINA cartoncino, bicromia; pp. 56

Euro 5.00

ISBN: 88-7218-101-1

Sogno dunque sono, non c’è poi quella grande differnza con il “cogito ergo sum” di liceale memoria: che cos’è il sogno se non il pensiero dell’anima, la proiezione sublimata della realtà? Se poi il viaggio onirico si sviluppa attraverso i sentieri del calcio inteso come emozione pura, tutto diventa plausibile, tutto si accetta, tutto si capisce. E diventa, per chi ne avverta il fascino, occasione di straordinarie avventure.
Ogni ragazzo che prende a calci il pallone, ogni magazziniere che traffica con scarpe, bulloni, magliette è Garrincha. Gli fanno l’occhiolino Meroni, Scirea e gli altri che hanno reso grande il calcio e fanno sentire grande anche lui.
È la magia del pallone. Arriva dal campo di gioco, può arrivare anche dal palcoscenico.
Bruno Pizzul